MOVIMENTO INDIPENDENZA - Per un Sovranismo Sociale
Movimento IndipendenzaLibertà, Lavoro, Italia.
I. ALL’ALBA DI UN NUOVO CICLO POLITICOII. L’ANIMA “POPULISTA” DEL CAMBIAMENTOIII. LA PREMESSA: REGOLARE I CONTI A DESTRAIV. IL PRIMO LIVELLO DI AGGREGAZIONE: I MONDI DEL DISSENSOV. IL SECONDO LIVELLO DI AGGREGAZIONE: LISTE CIVICHE E CORPI INTERMEDIVI. OBIETTIVI FONDAMENTALI E IDEE-FORZA DI UN MOVIMENTO PER L’ITALIA
Abbiamo tutti la sensazione che – secondo ritmi storici sempre più accelerati – un nuovo ciclo politico si stia affacciando all’orizzonte della storia nazionale ed europea.A livello globale la guerra in Ucraina sta segnando un altro passo avanti verso l’emersione di un nuovo mondo dopo l’epoca dell’unipolarismo americano, cominciata nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino ed entrata in crisi irreversibile con la parabola di Donald Trump, la fuga dall’Afghanistan e la crescita economica e politica dei BRICS.L’alternativa dei prossimi anni, quella che darà il segno della nuova epoca che si sta aprendo, sarà tra la speranza di un vero mondo multipolare in cui possano riprendere valore le identità e le sovranità dei popoli, oppure la minaccia di un nuovo bipolarismo Usa-Cina, in cui le logiche oppressive del mercato globale saranno rese ancora più feroci da nuove forme di totalitarismo. La guerra in Ucraina appare come uno strumento per mettere in una posizione subordinata Europa e Russia rispetto a questo nuovo progetto di bipolarismo e non è un caso che tutti i paesi BRICS – anche sotto la spinta degli interessi strategici della Cina – siano schierati più dalla parte della Russia che non dalla parte dell’Occidente.Questo nuovo bipolarismo sarà molto più devastante di quello novecentesco: se allora si contrapponevano consumismo e gulag, oggi la posta in palio sono le gestioni totalitarie delle pandemie, dell’intelligenza artificiale e delle biotecnologie transumaniste. Un attacco alle radici stesse dell’identità e della libertà della persona umana.Di riflesso a questi scenari l’Unione europea manifesta con sempre maggiore chiarezza la sua funzione negativa: non rappresenta – come qualcuno ancora si illude – un primo, magari imperfetto, passaggio verso la sovranità dei popoli europei, al contrario si rivela come una gabbia costruita proprio per impedire al nostro Continente di conquistare un ruolo geo-politico e un modello economico-sociale conforme alla sua civiltà.Non si spiegherebbe altrimenti la pervicacia con cui vengono imposti modelli che sembrano fatti apposta per deprimere culturalmente, socialmente ed economicamente i popoli europei: rigida applicazione dei dogmi economici liberisti, sostegno maniacale delle ideologie gender e immigrazionista, fondamentalismo ambientalista e scientista, totalitarismo digitale, indifferenza per l’impoverimento crescente delle popolazioni.Il nuovo scalino di questa follia è un “incastro” determinato da diverse azioni convergenti: il nuovo Patto di stabilità e crescita, la riforma del Mes, la governance rigorista BCE, la transizione ecologica, il posizionamento nella guerra in Ucraina che ha rotto ogni positiva sinergia economica con la Russia. Questa situazione porta verso la deindustriazzazione dell’Europa, la crescita vertiginosa dell’impoverimento e dello sfruttamento del lavoro, la perdita di ogni incidenza geo-politica, il default dei paesi politicamente più fragili come l’Italia.È evidente come una simile deriva non possa non produrre ricorrenti e crescenti ondate di protesta in tutto il continente europeo, sia come rivolte di piazza che come rovesci elettorali. La violenta protesta contro la riforma delle pensioni in Francia è l’ultimo esempio di queste reazioni di piazza, mentre in tutte le elezioni nei paesi europei tendono a vincere i partiti di opposizione o comunque fuori dal coro progressista (anche se spesso questi partiti vincenti sono di natura più conservatrice che sovranista).In Italia l’ultima ondata significativa di proteste di piazza è stata quella contro le misure adottate per la pandemia, mentre ormai da trent’anni (dalla fine della prima Repubblica in poi) gli Italiani tendono a votare i partiti e gli schieramenti che promettono il più radicale cambiamento rispetto al passato. Prima la “rivoluzione liberale” di Berlusconi unita allo sdoganamento della destra, poi il “rottamatore” Matteo Renzi, il populismo moralistico del Movimento 5 Stelle, il populismo sovranista della Lega di Salvini, infine la pervicace opposizione (durata 10 anni) prima sovranista e poi conservatrice di Giorgia Meloni.Ognuna di queste esperienze si è conclusa con la dimostrazione dell’incapacità (o della mancanza di volontà) di realizzare questo cambiamento.La vicenda di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia può sfuggire a questo destino? Su tutto l’arco delle questioni politiche e programmatiche la mutazione di Fdi da forza di cambiamento a forza di conservazione è evidente e forse irreversibile.Sul versante geopolitico lo schieramento ultra-occidentale nel nuovo Governo appare convinto e strutturato:“In tutto il mondo le autocrazie cercano di guadagnare campo sulle democrazie e si fanno sempre più aggressive e minacciose, e il rischio di una saldatura che porti a sovvertire l’ordine internazionale che le democrazie liberali hanno indirizzato e costruito dopo la fine del secondo conflitto mondiale e la dissoluzione dell’Unione Sovietica è purtroppo reale. In questo nuovo bipolarismo l’Italia la sua scelta di campo l’ha fatta, ed è una scelta netta. Stiamo dalla parte della libertà e della democrazia, senza se e senza ma, e questo è il modo migliore per attualizzare il messaggio del 25 Aprile. Perché con l’invasione russa dell’Ucraina la nostra libertà è tornata concretamente in pericolo.”(Lettera di Giorgia Meloni al Corriere della Sera del 25 luglio 2023).La conseguenza di questa posizione geo-politica e ideologica è la postura da “primi della classe” nei consessi dell’Unione europea (oltre che di tutto l’Occidente): invece di uno scontro frontale e una vera trattativa contro le devastanti derive di Ursula von del Leyen e di Christine Lagarde, si cerca di trovare accomodamenti per dimostrare di “non essere anti-europeisti”, forse non rendendosi conto della trappola mortale in cui Bruxelles sta trascinando l’Italia.In queste condizioni, quando saranno esaurite le risorse del PNRR (che in larga parte dovremo restituire), margini per fare politiche di sviluppo economico e di crescita sociale in Italia non ce ne sono e l’unica strategia del nuovo Governo sembra essere quella di riverniciare di identitarismo conservatore la vecchia linea berlusconiana della “rivoluzione liberale” (già ampiamente fallita più di dieci anni fa).Insomma, tutto fa supporre che questa scelta di posizionarsi come una sorta di “sezione italiana del partito neo-conservatore americano” porti anche Fratelli d’Italia verso quel rapido declino che ha già segnato il M5S e la Lega.Se non cambia rapidamente e radicalmente linea, l’ultima speranza che la Meloni può coltivare è quella di un diffuso successo conservatore in tutta l’Unione nelle prossime elezioni europee, in modo da porsi alla testa di un nuovo blocco di potere politico che freni il delirio radical-progressista di Bruxelles e che allenti la pressione economica sull’Italia. Ma, anche ammesso che questo successo si realizzi dopo i deludenti risultati delle elezioni spagnole, in un’Europa dove dominano gli interessi nazionali rispetto agli schieramenti ideologici, essere conservatore nei paesi del Nord e dell’Est significa rappresentare interessi diametralmente opposti a quelli dei conservatori dei paesi meridionali come l’Italia. Se il nostro Paese ha disperatamente bisogno di allentare l’austerità fiscale della UE e della BCE, al contrario i liberal-conservatori nordici vogliono a tutti i costi un veloce ritorno al “rigore” nelle politiche economiche. Quindi è legittimo domandarsi quale soggetto politico prenderà in mano la bandiera del cambiamento per occupare gli spazi politici e sociali abbandonati da Fratelli d’Italia. Ed è necessario porsi subito questa domanda, prima che il partito di maggioranza relativa cominci a entrare in crisi e questi spazi politici vengano occupati da qualche nuovo demagogo privo di progetto politico, oppure da qualche gatekeeper incaricato di spingere la protesta verso l’ennesimo vicolo cieco.
Cosa bisogna fare per mettersi alla testa del cambiamento all’alba di questo nuovo ciclo politico?Dopo tanti fallimenti indotti dai compromessi e dal moderatismo che hanno segnato la destra italiana da Fiuggi in poi, la tentazione può essere quella di esprimere “in purezza” i nostri contenuti ideologici e valoriali.Non vi è dubbio che a differenza del passato bisogna mettere in campo un più lucido rigore politico e una maggiore determinazione a rifiutare “compromessi al ribasso”. La situazione italiana ed europea è talmente grave da richiedere scelte forti e radicali. Ma tutto questo non può tradursi in una “proposta ideologica”, ovvero nel costruire un soggetto politico caratterizzato nel posizionamento da etichette politiche e astratti schemi culturali.L’immagine, il linguaggio, le idee-forza del nuovo Movimento non possono non usare gli strumenti del “populismo”, ovvero la capacità di parlare direttamente dei problemi della gente, offrendo risposte forti con un linguaggio semplice.Se lo scontro politico attuale è tra “il popolo” e “le élite”, bisogna stare dalla parte del popolo, non solo con le proposte di giustizia sociale ma nel modo di essere e di comunicare.Questo non significa cedere ad una impostazione demagogica, ovvero ricercare un consenso fine a se stesso, ingannando la gente con proposte irrealizzabili. Anzi, bisogna essere consapevoli che i veri demagoghi sono gli esponenti dell’establishment: sono loro che da trent’anni cercano di illuderci che questa Europa, con le sue impostazioni economiche liberiste, produrrà ricchezza che sarà automaticamente ridistribuita dal mercato, sono loro che ci hanno ingannato sugli effetti “benefici” della globalizzazione, sono loro che negano le conseguenze devastanti dell’immigrazionismo.La vera arte politica che bisogna mettere in campo è quella di produrre idee-forza dirette e immediate, in grado di raggiungere la gente comune usando con intelligenza tutti i mezzi di comunicazione, avendo però un retroterra adeguato alla sfida, con un costante sforzo per costruire consequenzialità tra questi messaggi e le scelte di governo necessarie a produrre cambiamenti reali.Il Movimento che dobbiamo costruire, pur non rinnegando le sue radici di Destra sociale e sovranista, si deve presentare come un’aggregazione aperta oltre gli schemi ideologici, fondata su poche e chiare idee-forza espresse attraverso campagne di stampo “populista”.Qualcosa di simile al modello di comunicazione utilizzato dal Movimento 5 Stelle, con la differenza che dietro l’immagine “populista” ci devono essere dei fondamenti seri: una classe dirigente preparata e militante, un progetto politico-programmatico strutturato e realistico, un credibile modello di democrazia interna.Per ottenere questo risultato è necessario un impegno serio e contemporaneo tanto sul versante politico quanto su quello metapolitico. Senza metapolitica – come approfondimento culturale e comunitario, formazione delle coscienze e radicamento nella società civile – il progetto di un nuovo Movimento rimarrebbe fragile ed estemporaneo. Ma, dopo quarant’anni delle più diverse esperienze, sappiamo anche che la metapolitica da sola non basta, neppure come azione propedeutica a una successiva fase politica. Perché la lotta politica è l’unico strumento per verificare la validità delle idee e delle persone che escono dal laboratorio della metapolitica. Ma attenzione: è necessaria una lotta politica coerente con le idee che vengono dalla cultura, perché è pericoloso cullarsi nell’illusione – che si sta diffondendo in tante comunità militanti – di far convivere il rigore del lavoro culturale con l’inserimento rassegnato in organizzazioni politiche che non rappresentano in alcun modo queste idee.Quindi il nuovo Movimento non può essere una “nuova Fiamma tricolore”, né un movimento ideologico sovranista, né semplicemente il concorrente “sociale e partecipativo” di Fratelli d’Italia o una rete metapolitica dedita solo all’impegno sociale e culturale. È chiaro che il nostro primo bacino di aggregazione saranno i delusi del centrodestra, ma bisogna tenere presente che la gran parte di questi elettori sono andati prima verso Salvini e poi verso la Meloni perché speravano in un radicale cambiamento più che in un rigoroso posizionamento ideologico. Sono elettori che progressivamente finiranno per ingrossare il bacino del non voto, confondendosi, al di là di ogni schema, con tante altre persone che già da tempo non trovano nessuna risposta politica alle loro aspettative.Quindi il cambiamento deve essere il messaggio centrale del nuovo movimento, ma con la consapevolezza che il cambiamento vero può essere realizzato solo ribaltando gli equilibri economici e geopolitici in Europa e in Occidente. Perché i problemi strutturali dell’Italia non si risolvono, neppure in parte, se non si affronta la radice di questi problemi, ovvero la condizione di colonia in cui è imprigionata la nostra Nazione. Un’ultima notazione sulla comunicazione: aver insistito fino ad ora sulla parola “cambiamento” non significa non rendersi conto di quanto questo slogan sia stato abusato nella propaganda politica. La nostra bravura dovrà essere proprio quella di rappresentare il cambiamento senza usare questa parola come uno slogan.
Costruire un nuovo Movimento non significa non ripartire dalla nostra area, non solo per il percorso politico della maggioranza dei promotori di questo progetto, ma soprattutto perché in questo momento è proprio “la destra” di Giorgia Meloni ad essere riuscita a imporsi come interprete del cambiamento e quindi a raccogliere la maggioranza dei consensi degli Italiani.Dal dopoguerra in poi nella nostra area politica sono convissute due anime: una destra conservatrice e liberale e una destra sociale e identitaria, la prima dedita all’inserimento nel quadro politico esistente, la seconda determinata a dare contenuti nuovi al mito dell’alternativa al sistema. Queste due destre si sono mescolate, alternando conflitti e sintesi, all’interno del Movimento Sociale Italiano e poi di Alleanza Nazionale, accumunate da un retorico riferimento agli interessi della Nazione italiana e ai valori tradizionali. Questa convivenza ha garantito la sopravvivenza di uno spazio politico alla destra della Democrazia cristiana prima e del berlusconismo poi, ma lo ha spesso paralizzato con un posizionamento “a somma zero” tra spinte e controspinte di segno opposto.Giorgia Meloni ha rotto questo equilibrio, probabilmente in modo definitivo. La svolta conservatrice di Fratelli d’Italia ha espulso o tacitato tutto quanto rimaneva della destra sociale, proponendo un modello tutt’altro che moderato e dialogante. Qui siamo all’opposto della linea politica di Gianfranco Fini, che voleva “modernizzare la destra” aprendo agli immigrati, alla fecondazione artificiale e ai diritti civili cari ai progressisti. Quella della Meloni è una “destra dura”, simile ai neo-conservatori americani, protesa a scontrarsi con i progressisti sul tema dei valori, ma contemporaneamente impegnata a “esportare la democrazia” con le armi in giro per il mondo e a proporre il modello liberista come darwinismo sociale ed economico.In realtà ci sono delle verità profonde contenute nel messaggio conservatore che hanno permesso a questa destra di proporsi come interprete del cambiamento.Citiamo Marco Tarchi nell’intervista su Fanpage del 25/9/2022:“Ad aver ridato vigore e capacità di attrazione al conservatorismo sono gli eccessi dell’odierno progressismo. In un momento storico in cui quella parte politica, in tutto l’Occidente, preme l’acceleratore sull’indiscutibilità di qualunque diritto/desiderio individuale, in cui le tematiche Lgbt sono assunte come paradigma della “società giusta”, la cancel culture, l’ideologia woke, la gender theory, l’assolutizzazione dell’“inclusione”, l’elogio a prescindere dell’immigrazione, la celebrazione del multiculturalismo e del cosmopolitismo sono diventate la cifra identitaria di tutto ciò che si oppone alla destra, che quest’ultima si presenti come un argine e un’alternativa è addirittura ovvio”. Ed è questo infatti il cuore del messaggio di Fratelli d’Italia, quello che provoca l’indignazione pelosa della sinistra, le scomuniche ad intermittenza dell’Unione Europea e, all’opposto, un forte grado di fascinazione in mezzo alla gente. È la risposta del realismo e della vera natura umana contro le utopie coltivate dalle élite progressiste e cosmopolite, ciò che rende la destra più vicina al sentimento popolare di quanto oggi non riesca ad esserlo la sinistra.Il problema però è che questi eccessi progressisti non rappresentano una negazione di quella “civiltà occidentale” che i conservatori vorrebbero difendere, sono invece il sintomo estremo della decadenza dell’Occidente stesso, una manifestazione della sua cattiva coscienza, delle sue ineliminabili contraddizioni. Da un lato sono il risultato ultimo dell’ideologia liberale che mette un’informe libertà individuale al di sopra di ogni altro valore umano, dall’altro lato rappresentano l’effetto della mercificazione dell’esistenza funzionale al progetto economico capitalista, infine esprimono la cattiva coscienza di quell’imperialismo materialista con cui l’Occidente è andato alla conquista del mondo sterminando popoli, comunità e culture.Per cui si tratta di un ben triste destino quello di chi vuole battersi, su posizioni inevitabilmente perdute, per difendere una civilizzazione dai mali che essa stessa ha prodotto. Anche perché un conservatorismo che mescola valori identitari con un occidentalismo acritico può generare pericolosi mostri di natura razzista: la pretesa di esportare con le armi la democrazia liberale, l’illusione che la nostra civiltà sia più progredita di tutte le altre, l’islamofobia, l’aggressione ai diritti dei popoli in nome di astratti diritti individuali. Qui neoconservatori alla Bush e democratici alla Obama finiscono per stringersi la mano.Per questo il conservatorismo, come il progressismo, non regge al malessere sociale ed esistenziale della gente. Affascina perché appare controcorrente, può consentire slogan suggestivi come “in questa epoca l’unico modo per essere ribelli è essere conservatori” come ha detto Giorgia Meloni alla Convention dei conservatori a Orlando nel febbraio 2022, ma non può nascondere a lungo le ingiustizie sociali e la disgregazione dei valori indotte dal modello liberista.Manca un modello economico e sociale alternativo a quello dominante e una prospettiva di sviluppo e di riscatto sociale, senza la quale non si può dare speranza alla gente. Nel conservatorismo ci sono spinte valoriali profonde che sono anche nostre, ma che da sole non bastano per andare oltre una reazione politica a corto raggio e che, male applicate, rischiano di provocare nuovi e ulteriori danni.Citiamo ancora Marco Tarchi (Diorama letterario, maggio-giugno 2023):“Se si è capaci di identificarla, o meglio di smascherarla, oltrepassando la cortina fumogena dei suoi divulgatori, l’ideologia occidentalista – spesso definita, con minore precisione, pensiero unico, pensiero dominante, politicamente corretto – si mostra oggi in Italia in tutta la sua aggressività. Nelle versioni progressiste è alla base del forte slittamento della “sinistra” dalla difesa dei diritti sociali all’affermazione dei diritti individuali (…) Nelle versioni conservatrici determina sia la progressiva rimozione dei limiti dell’espansione planetaria delle grandi concentrazioni economico-finanziarie, con le conseguenti delocalizzazioni industriali, le strategie di dumping, la sostituzione del lavoro umano con le macchine guidate dall’“intelligenza artificiale” e in definitiva il trionfo della logica capitalistica e consumistica più brutale…”In più, a differenza dell’epoca (che qualcuno sogna di restaurare) di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, non veniamo dai “trent’anni gloriosi” di sviluppo e piena occupazione creati dal keynesismo postbellico, ma da un lungo periodo liberista di crescente impoverimento e aumento delle disuguaglianze. È impossibile spingere ancora di più sul pedale del liberismo senza far esplodere ogni equilibrio sociale. Se queste sono le motivazioni e le contraddizioni della destra conservatrice, cosa devono fare gli eredi della destra sociale per non rassegnarsi, dopo settant’anni di dispute politiche e culturali, di congressi e di sfide movimentiste, ad una scomparsa politica definitiva?Innanzitutto comprendere che il proprio messaggio è meno immediato di quello conservatore, ma è molto più centrato per interpretare il disagio sociale e la protesta popolare. Perché mette insieme tre obiettivi inscindibili: una difesa ancora più intransigente dei valori umani e comunitari, un modello di sviluppo economico centrato sul lavoro e i diritti sociali rifiutando l’ideologia neo-liberista, la riconquista di una vera sovranità nazionale e popolare. Se viene negato o depotenziato uno di questi obiettivi gli altri due si rivelano illusori e irrealizzabili.Il passaggio successivo è quello di capire che, proprio per rendere vincente il progetto della destra sociale, è necessario allargarsi oltre il recinto della destra, perché chiusi dentro quel recinto siamo perdenti nei confronti della destra conservatrice, come è sempre avvenuto e ancor più accadrebbe oggi di fronte ad una leadership forte come quella di Giorgia Meloni.Questo non significa rinnegare qualcosa delle nostre radici o lanciare complicati messaggi “al di là della destra e della sinistra”, significa semplicemente essere noi stessi ma senza far prevalere l’etichetta sul contenuto.La destra sociale, identitaria, comunitaria e sovranista diventa vincente se si incrocia con il populismo. E all’inverso, come dimostrano le vicende del Movimento 5 Stelle e della Lega, nessun populismo è destinato a durare se non si radica sulle idee delle destra sociale.
Che cosa c’è fuori dal recinto della destra? Innanzitutto quelli che sono stati definiti i mondi del dissenso. Questi mondi hanno una funzione simile a quella che un tempo avevano i movimenti sociali, ovvero quella di interpretare temi di protesta e di disagio sociale talmente forti da diventare prevalenti rispetto alle originarie appartenenze politiche.L’origine di queste realtà può essere fatta risalire ai tempi del Governo Monti, quando in nome dei vincoli europei fu attuata una profonda e devastante ristrutturazione del nostro sistema economico e sociale. Proprio l’origine eurista di questa operazione, associata a quella ancora più pesante attuata nei confronti della Grecia, ridiede forza ad antiche critiche contro l’Unione europea e l’introduzione dell’Euro. Attraverso i social e la diffusione di testi di teoria economica alternativa a quella dominante, si formarono in tutta Europa comunità e gruppi di pressione No-Euro e No-UE che finirono per dare forza alla Brexit in Gran Bretagna, alla Lega e ai 5 Stelle in Italia, a tanti movimenti sovranisti in tutto il Continente. L’incapacità di questi movimenti di dare seguito in modo serio e rigoroso a questi obiettivi, unita al “Whatever it takes” di Mario Draghi, ha portato al ridimensionamento di questo fenomeno che però continua a sopravvivere come consapevolezza diffusa dell’insostenibilità del modello eurista e della stagnazione economica di tutta l’euro-zona.Poi c’è stata la pandemia Covid e le campagne vaccinali imposte dalle autorità statali, che hanno generato nuovi mondi del dissenso tra gli operatori economici costretti a chiudere le loro attività durante i ripetuti lock-down, tra le persone che rifiutavano il green-pass e i medici che denunciavano – e denunciano – gli affetti avversi dei vaccini e il divieto di terapie alternative. Le proteste di piazza che sono nate su questi temi sono state stroncate dalle provocazioni degenerate in violenza, la fine dell’emergenza ha ridotto la pressione sociale, ma tutt’ora c’è un vasto mondo sommerso che chiede verità e giustizia su quello che è accaduto durante la pandemia e che potrebbe ripetersi di fronte ad una nuova emergenza sanitaria.Infine è esploso il conflitto in Ucraina che, nonostante una pesantissima “propaganda di guerra”, ha fatto nascere un movimento trasversale pacifista e antimperialista che cerca di dare voce a quella maggioranza di Italiani che in tutti i sondaggi si dichiara contraria all’invio di armi a Kiev. A destra come a sinistra si è reso ancora più evidente lo scollamento tra le formazioni politiche ufficiali e i mondi del dissenso schierati contro l’atlantismo.Adesso ci sono nuove aree di dissenso che si stanno formando contro le imposizioni derivanti dalla transizione green, contro la liberalizzazione del cibo artificiale, contro i tentativi transumanisti di manipolare l’essere umano. Anche il mondo cattolico si è nel tempo configurato come un “mondo del dissenso” quando è dovuto scendere in piazza per difendere i valori della famiglia, della natalità e della vita da tutti gli attacchi portati avanti dal fronte progressista, di fronte a cui tutta la politica ufficiale, anche quella di destra, non è mai riuscita a costruire una risposta forte ed efficace. Dalle piazze del Family Day alle Marce per la Vita questo popolo ha fatto sentire una voce, una pressione sociale e culturale, senza la quale oggi l’attacco transumanista in Italia sarebbe giunto agli stessi livelli dei paesi del Nord Europa.Sono mondi, a volte sovrapposti, a volte diversi e confliggenti tra loro, ma sempre accomunati dalla percezione delle manipolazioni di una comunicazione mediatica autoritaria e dell’esistenza di poteri e vincoli planetari contro cui bisogna reagire in nome dei diritti dei popoli e della libertà delle persone. In tutti questi contesti ci sono forti rischi di complottismo e di derive maniacali, di scollamento dalla realtà con elaborazioni fantastiche, ma bisogna essere consapevoli che in ogni realtà che si contrappone allo status-quo si possono incontrare questi pericoli.Quindi un Movimento che voglia muoversi come forza di cambiamento non può non tentare di aggregare in questi mondi, cercando di attrarre le persone più consapevoli e di allontanare quelle più problematiche. Non si tratta di opportunismo politico, ma della condivisione di una percezione complessiva dei pericoli che vengono da forti concentrazioni di interessi economici e finanziari, di fronte a cui gli Stati e le democrazie sono sempre più deboli e condizionabili.
Nella nostra base aggregativa potenziale ci sono anche due bacini che meritano un’attenzione e un discorso a parte: quello delle liste civiche e quello dei corpi intermedi.Le liste civiche che si affermano in diversi contesti di elezioni locali, oggi sono sempre meno espressione di spontanee esigenze di efficienza amministrativa e di soluzione di problemi territoriali. In realtà, all’interno di esse si nasconde e trova espressione un variegato mondo politico espulso dai partiti personali che oggi dominano soprattutto nel centrodestra.La scomparsa di ogni forma di democrazia interna in partiti verticisticamente chiusi attorno ai propri leader con relativi “cerchi magici” e “ras locali”, ha portato tanti pezzi di classe dirigente politica a uscire da questi partiti e a mettersi in gioco creando o animando liste civiche locali.Si tratta quindi di un enorme potenziale che attende un progetto politico nazionale per uscire da una dimensione puramente locale, radicata ma indubbiamente limitante per chi mantiene aspirazioni politiche di carattere generale.Un progetto politico nazionale rivolto al “civismo” può avere due concezioni diverse.La prima – tipica ad esempio della lista “Scelta civica” di Mario Monti o di “Impegno civico” di Luigi Di Maio – parte dal civismo per incarnare una visione puramente amministrativa della politica, la convinzione tipica del liberalismo che il conflitto politico si possa spegnere attraverso una visione pragmatica e neutrale dei problemi. Insomma… la morte della politica.L’opposta concezione punta invece ad una rigenerazione della politica: parte dalla constatazione che un’impostazione puramente civica è insufficiente anche per risolvere i problemi locali, perché anche questi derivano da vincoli allo sviluppo imposti a livello nazionale ed europeo. Quindi si contesta il ceto politico nazionale non per un eccesso ma per una carenza di politica, ridotta a teatrino istituzionale e a scontro di slogan da talk-show, senza rendersi conto dell’impatto reale che determinate scelte hanno sul territorio e sulla realtà sociale.Questo distacco della politica nazionale è diretta conseguenza della mancanza di democrazia interna ai partiti e dell’impossibilità degli elettori di scegliere i parlamentari nazionali (imposti invece dai vertici di partito grazie ai posti in lista bloccata o alla scelta dei collegi). Imposizioni autoritarie – giustificate dall’antipolitica come lotta al correntismo nei partiti e alla corruzione “necessaria a pagare” le preferenze – che hanno prodotto un drammatico abbassamento del livello del ceto politico, impedendo ogni forma di selezione dal basso e ogni banco di prova meritocratico.Analogo discorso può essere fatto per i “corpi intermedi” della società civile. La deriva verticistica dei partiti politici e la spinta ideologica del liberismo hanno prodotto una diffusa disintermediazione della società italiana, finalizzata a un rapporto “diretto” (ma in realtà ancora più subalterno) tra individui e istituzioni pubbliche e all’abbattimento di ogni protezione sociale di fronte alle logiche di mercato. Questo è stato possibile anche per la crisi dei corpi intermedi nel nostro Paese: ordini professionali, fondazioni e casse di previdenza, rappresentanze sindacali e di categoria, mondo delle associazioni, camere di commercio e università, istituti partecipativi di settore, si sono sempre più chiusi in rappresentanze lobbistiche di interessi forti e concentrati.Anche in questo caso la strada che si apre è duplice e opposta.Si può accompagnare questo processo mandando definitivamente in disarmo strutture che appaiono obsolete espressioni del vecchio Stato sociale, sicuramente sgombrando il campo da tante lobby e rendite parassitarie, ma lasciando il cittadino-individuo nudo e inerme di fronte al potere del Mercato e dello Stato.Oppure si può tentare di rigenerare queste rappresentanze, imponendo sistemi democratici più trasparenti e aperti di quelli oggi esistenti, ristabilendo un preciso rapporto tra diritti e doveri di questa “società intermedia”, delegando, in modo attento e controllato, poteri pubblici a queste autonomie funzionali e sociali. Scegliendo questa seconda strada – conforme alla dottrina sociale della Chiesa, ad una visione comunitaria e sussidiaria della società civile, nonché a una lettura democratica e realmente partecipativa della dottrina corporativa – si possono costruire alleanze con tutti quei mondi autentici che ancora credono nella rappresentanza e vivono con frustrazione le prepotenze dei partiti dominanti e del mercato globalizzato.Sintetizzando queste due possibili aggregazioni, si può trarre energia politica ed elettorale, ceti dirigenti e rappresentanza sociale e territoriale da un grande progetto di rigenerazione della politica fondato su alleanze reali con chi rappresenta i mondi delle liste civiche e dei corpi intermedi. Un progetto che deve avere come bandiere l’istanza della partecipazione e il principio della sussidiarietà.Quindi il movimento politico e metapolitico che dobbiamo costruire può presentarsi come un punto d’incontro sia di soggetti politici per il cambiamento che di liste civiche e di rappresentanze sociali. In questo modo aumenterà il suo carattere non ideologico, rafforzerà il proprio radicamento sociale e territoriale, aggregherà su un ampio fronte di astensionismo e di delusi degli attuali partiti politici, marcherà ancor di più la propria distanza rispetto al liberismo dominante e ai poteri forti nazionali e internazionali.È evidente che tutto questo apre un discorso scivoloso sull’autonomia e sulla sussidiarietà (orizzontale e verticale) che deve avere precisi punti di riequilibrio nel rafforzamento della sovranità nazionale e popolare (ad esempio attraverso una riforma presidenzialista) per non degenerare in una perdita di coesione sociale, di unità nazionale e di senso dello Stato. Ciò vale soprattutto ora che si è riaperto il dibattito sull’autonomia differenziata che potrebbe rappresentare l’ultimo e devastante colpo alla nostra unità nazionale.
Chiarito che il Movimento, pur senza rinnegare le proprie radici di destra sociale e nazionale, sarà definito innanzitutto dai contenuti e dai messaggi aggregativi, proviamo a formulare una prima serie di obiettivi fondamentali e di idee-forza che ne potranno caratterizzare l’azione.Cominciamo dagli obiettivi fondamentali e irrinunciabili di tutto il progetto:
Questi obiettivi trovano nei principi fondamentali della Costituzione italiana una base di riferimento storicamente radicata per la sovranità nazionale e popolare (una democrazia reale in grado di dare risposte positive alle spinte del populismo), la centralità del lavoro e il legame tra crescita economica e diritti sociali, contro tutte le forme di sottomissione interne ed esterne.Un secondo riferimento per la legittimazione di questi obiettivi è dato dai principi della Dottrina sociale della Chiesa, letti non in chiave confessionale e clericale, ma come valori universali della persona umana ed elementi costitutivi della nostra identità nazionale.I principi fondamentali della Costituzione italiana, della Dottrina sociale della Chiesa e dell’Umanesimo del Lavoro sono, nel loro insieme, una potente spinta ad affrontare seriamente la nuova questione sociale che pesa sempre più sulle nostre società globalizzate. È dall’avvento del Capitalismo che questa questione non si ripropone con altrettanta forza: si misura con lo squilibrio crescente nella distribuzione della ricchezza, con la diffusione della povertà anche nel ceto medio, con la mancanza di lavoro dignitoso e adeguatamente retribuito, con la smantellamento di tutti i servizi sociali e previdenziali, con un devastante degrado urbano. È chiaro che per dare risposta a questi problemi bisogna prima produrre ricchezza, ma è altrettanto chiaro che negli anni del neo-liberismo molta ricchezza è stata prodotta, ma è rimasta sempre più concentrata in poche mani. La nuova questione sociale è il principale banco di prova di qualsiasi realtà politica che voglia interpretare il bisogno di cambiamento della società italiana.Tutto questo deve essere declinato in poche idee-forza di aggregazione che rappresenteranno le battaglie del Movimento:
Orvieto, 30 luglio 2023