MOVIMENTO INDIPENDENZA - Per un Sovranismo Sociale
Movimento IndipendenzaLibertà, Lavoro, Italia.
di Luca Bonamico
Si è parlato molto in questi ultimi anni di come la Russia sia il principale responsabile della crisienergetica. Certamente, se si considera il fatto che la Russia abbia diminuito (se non quasibloccato) le esportazioni di gas naturale in Europa, per un lettore poco attento diviene naturalepuntare il dito solamente contro i nemici comuni ‘Putin e Gazprom’. Vi sono però una serie di“dettagli” che, appositamente o meno, vengono esclusi dalla narrazione inerente alla crisienergetica.
Il primo dettaglio viene mostrato da questo grafico:
Il grafico sopra evidenzia come l’Europa abbia deliberatamente, negli anni, ‘scelto’ la propriadipendenza dal gas russo, oggettivamente economicamente conveniente, a buon mercato eassolutamente affidabile, fino a poco tempo fa, a livello di fornitura. Molti paesi dell’UE hannoquindi optato per questa scelta quando potevano tranquillamente intraprendere la stradadell’indipendenza energetica, un obiettivo cardine per qualsiasi paese avanzato. Certamente,quando si parla di indipendenza energetica, non si parla di autarchia vera e propria in quantoalcuni fattori, come per esempio l’aumento della domanda industriale, richiederebbero sempre diimportare una certa quantità di gas naturale e/o altri prodotti energetici. Nonostante ciò, taleminore dipendenza permetterebbe all’Italia di implementare una transizione verso la greenenergy efficiente, ed evitare il cappio russo che, dobbiamo riconoscerlo, ci siamo stretti da soliattorno al collo.La cosa più sconcertante della politica energetica europea è che si è deciso di diminuire laproduzione domestica – abolendo il carbone, il nucleare e il gas naturale – e parallelamenteriducendo la diversificazione delle importazioni, rendendosi ancora più dipendenti dalla Russia,al contempo criticando il sistema autarchico imposto da Putin. È chiaro che in Europa si è fattaun po’ di confusione in quanto quella appena descritta è una strategia autodistruttiva (come i fattiattuali ci stanno palesemente dimostrando).
Il secondo dettaglio è che il calo della produzione europea di gas naturale, sebbene gestitoseguendo una strategia poco realista, è stato comunque portato avanti da decisioni politichecoscienziose, volte a favorire la protezione dell’ambiente e la lotta al riscaldamento globale.Purtroppo, però, l’UE si è trovata da sola ad affrontare le conseguenze di tali scelte, volte apreservare quelli che vengono indicati come “beni pubblici globali” la cui protezione dovrebbericadere ugualmente, seppur con responsabilità diverse, su tutti gli abitanti del pianeta. Alcontrario, la Cina e l’India hanno pubblicamente continuato a emettere e produrre energieinquinanti in barba a tutti i protocolli internazionali, aumentando nel 2022, durante il regimesanzionatorio occidentale (come mostrato dal grafico 2), il ritmo dei loro acquisti di petroliorusso pagandolo a prezzi iper-scontati (grazie al cap sul prezzo del petrolio russo impostodall’occidente). Gli USA, invece, hanno propagato una visione progressista sui cambiamenticlimatici, aumentando al contempo l’inquinamento e la distruzione dell’ambiente. Gli USAhanno lasciato che l’Alaska continuasse a venire esplorata, hanno aumentato le trivellazioni nelGolfo del Messico, e, soprattutto, hanno aumentato il fracking (una tecnica per estrarre il petrolioe gas naturale molto più inquinante rispetto alle tecniche d’estrazione convenzionali),garantendosi cosi la transizione rapidissima, non solo verso l’indipendenza energetica, ma ancheverso il nuovo status di paese esportatore, divenendo il più grande esportatore mondiale di gasnaturale e il terzo più grande esportatore di petrolio (nonché diventando il più grande produttoreal mondo sia di petrolio che di gas naturale).
Grafico 2
L’Europa, invece, bloccava il carbone e chiudeva le centrali nucleari, il tutto sotto la pesantepressione della lobby green, spinta da martellanti campagne social e mediatiche, che avevanocome protagonista principale l’attivista Greta Thunberg. Tutto ciò non solo ha garantito a quellaparabola di declino un vero e proprio crollo, ma ha assicurato al Cremlino un peso maggiorenelle relazioni con l’UE. Paradossalmente, il movimento green si è rivelato, a livello economico,un ottimo ‘alleato’ per Putin. Gli sbagli europei, però, hanno favorito anche i paesi scandinavi, iquali stanno allegramente banchettando sulle difficoltà dell’Europa continentale, considerato che
paesi come la Norvegia stanno garantendosi surplus secolari vendendo il proprio gas a prezziesorbitanti.Il terzo dettaglio invece, potenzialmente ben peggiore dei due appena descritti, è ignoto allastragrande maggioranza della popolazione europea e totalmente assente da qualsiasi discussionepubblica. Infatti, proprio la corsa dissennata verso una transizione ecologica (in realtà senzaalcun periodo di transizione), sta garantendo ad un altro soggetto geopolitico un’egemonia futuraa dir poco esiziale. E la tabella 1 parla chiaro.
Tabella 1
La tabella ci dimostra che se la Russia ha potuto per anni mettere al riparo i propri conti grazieall’export di energia, la Cina già oggi detiene il monopolio assoluto sulle terre rare (rare earthelements) necessarie alla rivoluzione green. La Cina, infatti, come mostra la tabella 1, non solo èil player dominante nell’estrazione e produzione di terre rare, ma ha anche il controllo sullaraffinazione e lavorazione delle terre rare e di tutti gli altri metalli chiave per la transizione versola rinnovabile (e.g., rame, nichel, cobalto e litio).Insomma, se liberarci del cappio energetico russo sta costringendo l’UE a una recessioneeconomica e sta forzando i suoi paesi membri (come la Germania) a nazionalizzazioni di massadelle proprie utilities, ecco che la traiettoria tracciata dal Green Deal della Commissione UE stadi fatto preparando il terreno per un passaggio rapido e irreversibile dalla dipendenza russa aquella cinese.In conclusione: la transizione verso l’energia rinnovabile è fondamentale, e non solo daun punto di vista ambientale, ma anche da un punto di vista economico. Infatti, i costidell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili sono competitivi con i costi generati tramite icombustibili fossili. Inoltre, se si aggiunge che dal 2010 al 2019 il costo dell’energia elettricaprodotta dai pannelli solari è diminuito del 82%, è chiaro che vi sono benefici reali sia dal puntodi vista di costi inferiori per i cittadini sia per il numero di investimenti che un paese può portareavanti (con conseguente creazione di posti di lavoro e crescita economica). Il problema, quindi,
sta nel come viene condotta tale transizione. È chiaro che l’Europa, come ci dimostra lasituazione attuale, sta portando avanti una strategia insostenibile, fallimentare e poco realista.